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(L-R) Ari Freyr Skulason of Iceland, Gylfi Por Sigurdsson of Iceland, Birkir Bjarnason of Iceland, Aron Einar Gunnarsson of Iceland, Johann Berg Gudmundsson of Iceland, Jon Dadi Bodvarsson of Iceland celebrate
Netherlands v Iceland, UEFA Euro 2016 qualifier football match at Amsterdam Arena, The Netherlands - 03 Sep 2015

Il successo del progetto Islanda: dai ghiacci all’Europeo

Quando si pensa all’Islanda vengono subito in mente i ghiacci, il grande freddo, le lande desolate abitate da poveri pastori e, in tempi recenti, la forte crisi economica che ha investito il paese. Si pensa ad una realtà lontana da noi, un sorta di piccolo mondo a parte che vive, in tutta semplicità, una vita a parte. Eppure anche questo mondo lontano ha trovato il modo di farsi sentire, e come spesso accade, il veicolo per farlo è lo sport. Ma in questo caso non parliamo di scii, carling o qualche stramba corsa sui ghiacci, dove solitamente eccellono i paesi nordici. No, parliamo del calcio, lo sport più seguito al mondo. Chiudiamo gli occhi ed immaginiamo un sorteggio per Euro 2016, dall’urna esce la nostra Islanda nello stesso girone di Olanda, Turchia e Repubblica Ceca, tre realtà del calcio europeo. Adesso apriamoli e stropicciamoli fortemente. E infine crediamoci, perchè in vetta, meritatamente, con già un piede e mezzo in Francia c’è la nostra piccola Islanda. Ma come può essere?

In Islanda la tradizione calcistica non esiste praticamente, nessuna partecipazione ad una fase finale di Europei o Mondiali. Un infinità di ultimi posti e sconfitte rimediate in giro per l’Europa. Prima degli anni 2000 gli unici motivi di vanto per la nazionale erano la vittoria del 1976 contro la Germania Est e nel 1988 contro la Norvegia. Questo è sicuramente dovuto alla scarsa popolazione ( poco più di 320 mila abitanti) e alle scarse condizioni climatiche, totalmente inadatte al calcio. Il campionato dura circa 5 mesi, da maggio a settembre, elemento questo che metteva sempre in difficoltà fisica i giocatori islandesi, già naturalmente meno dotati.

Un nuovo corso arriva ad inizio 2000, la federazione investe in sette campi regolamentari indoor, coperti, in modo da poter garantire una maggiore continuità di partite. I tesserati crescono e con loro anche la conoscenza del gioco, iniziano ad aumentare il numero di tecnici con patentino UEFA, che vanno a sostituire tutti quegli amatori, per lo più genitori, che prima insegnavano il calcio. Oggi i tesserati sono circa 21 mila.

Alle qualificazioni per Euro 2000 l’Islanda arriva quarta, notevole passo avanti rispetto ai precedenti ultimi posti. Da segnalare il pareggio contro la Francia campione nel mondo. Sia nel 2004 che nel 2008 la qualificazione non arriva per pochissimo, l’Islanda non è più una simpatica squadra materasso. In questo arco di tempo i nordici infliggono anche un pesante 2-0 alla prima Italia di Lippi, che poi sarebbe diventata campione del mondo a Berlino. Nelle qualificazioni per i Mondiali in Brasile ha perso lo spareggio decisivo contro la Croazia.

La vera svolta tuttavia si ha nel 2011, quando i ragazzi dell’under 21 guidati da Lars Lagerback si qualificano all’Europeo di categoria. La consapevolezza delle potenzialità di quel gruppo convincono il tecnico, con esperienza ventennale nel calcio europeo, unita alla passione che prevale sui soldi, ad accettare l’incarico di selezionatore della nazionale maggiore. Inizia qui la favola dell’Islanda. Da quell’under 21 vengono fuori giocatori come il capitano Gunnarsson, prototipo del giocatore nordico, gregario tutto cuore e polmoni. Oltre a lui i due “italiani” Bjarnason (Pescara) e Halfredsson ( Hellas Verona) e il numero 10, Sigurdsson, che gioca nello Swansea in Inghilterra. Attorno a loro giocatori che sudano la maglia, correndo a più non posso e valorizzando al massimo le loro, poche, qualità. Come ad esempio il terzino Gunnarsson, che, oltre ad una barba da marinaio del Nord, vanta una rimessa laterale lunghissima, uno dei più pericolosi schemi offensivi della sua squadra.

Il campionato di club Islandese resta ancora ben oltre la periferia del calcio, anche se nella scorsa stagione l’Hafnarfjörður è arrivato fino al terzo turno preliminare della Champion’s League e a Luglio lo Stjarnan è venuto a San Siro a giocarsi la qualificazione per i gironi di Europa League. Ha perso 6-0, ma questo non importa.

Il calcio islandese è stato costruito in fretta e su basi ghiacciate, l’oggi ha preso il posto della tradizione. E’ l’esaltazione del sapersi arrangiare con quello che si ha. Il primo giocatore professionista risale agli anni 80, in Belgio, tale Arnór Guðjohnsen, che è entrato nella storia non per prodezza calcistiche, ma per essere stato sostituito, nel 1996, da suo figlio nella partita Islanda-Estonia. Mai infatti, prima di allora, padre e figlio avevano giocato insieme un match ufficiale a livello internazionale.

L’appuntamento decisivo è a settembre, quando l’Islanda giocherà contro la Repubblica Ceca nella partita decisiva per il primo posto nel girone. In quella data, la terra dei ghiacci si infiammerà per il pallone e in questo calcio, dove i soldi vincono ormai, volente o nolente, su tutto, abbiamo tutti bisogno di queste piccole favole, che ci ricordino, tutto sommato, che il “Nostro” è il gioco più bello del mondo.

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