Esalogia di New York – Atti III e IV

Esalogia di New York – Atti III e IV

Atto III – Ginger

– Oh, sta nevicando! –
I tre ragazzi volsero la testa alla strada e al cielo, per constatare che in effetti la sconosciuta aveva ragione, stava nevicando. A Michele passò per la testa il fatto che se da una parte l’autunno era ormai inoltrato, dall’altra vedere la neve a Novembre doveva essere abbastanza raro. Poi si rivolse alla ragazza.
– Chi sei? –
– Sono Ginger. –
– Io sono Michele, lei è Emmanuelle e lui è Mathias. E… Questo sarebbe l’uscio del nostro appartamento. –
– Lo so chi siete. Posso entrare? Fa un freddo. –
– Beh, di solito non facciamo entrare una sconosciuta e… Ma come sai chi siamo? –
– Ma sono Ginger, la sorella di Mary, non vi ricordate? Dai, Michele, almeno tu, abbiamo passato tanto di quel tempo insieme… –
– No, mi dispiace, buio totale. Ma non prendertela, non ricordo proprio nulla, ho perso la memoria. –
– Oh. –
Ginger rimase senza parole, un po’ sovrappensiero. Intervenne così Emanuelle, rimasta in silenzio fino a quel momento.
– Dai, entra, ci beviamo un tè tutti insieme. –
Così i quattro si andarono a rilassare sui divani in salotto. Coltrane teneva compagnia in sottofondo, e con la neve fuori dalla finestra l’atmosfera prese una piega un po’ natalizia e decisamente famigliare.
– Allora, Gary mi ha detto che posso esservi d’aiuto. Cosa ci fate qui? –
Stavolta intervenne Mathias.
– Io sto portando un po’ in giro una mio testo, vorrei portarlo a teatro qui… E loro mi accompagnano. –
– Ho sempre sognato di vedere New York. E vorrei farlo prima di… Beh, sto perdendo la vista. –
– Io invece sto cercando mia sorella. È l’unica parente che ho ancora in vita, credo, o almeno della quale ho una traccia. Forse è questa qua, l’ho sentita suonare stasera. – E le mostrò una foto fatta con l’Iphone.
– Ma io la conosco tua sorella, non è lei! – E Ginger esplose in una risalta che metteva buonumore.
– Come la conosci? –
– Quando uscivamo insieme con la compagnia a volte veniva anche lei. –
– Ma com’è possibile che lei la conosca e voi no? –
– Noi ci conoscevamo solo di vista all’epoca… –
– Beh ma hai ancora i contatti? –
– Sì. Le scrivo subito. –
Michele l’avrebbe baciata così su due piedi. Era pure molto carina, con i capelli rossi e le lentiggini, e quel sorriso poi…
– Non è che conosci anche qualche regista teatrale, eh? – Chiese Mathias per riempire il silenzio.
– No, mi dispiace. Ma Gary può sicuramente aiutarti. –
– Lasciamo perdere… –
– Non risponde, in effetti è un po’ tardi. Ma combiniamo sicuramente per domani. –
– Sei un tesoro. –
Ginger sorrise di ricambio a Michele. Si sentiva coccolata e piena di attenzioni. Non solo da Michele, anche da Emmanuelle. Che bella che era.
– Sei diventata una ballerina? –
– Sì! Come hai fatto a ricordarlo? –
– Non lo ricordavo, ho solo pensato che lo fossi. –
– E come? –
– Le riconosco sempre le ballerine. –
Emmanuelle cambiò umore improvvisamente. Ogni tanto voleva dimenticarsi di quello che era. L’idea di non poter più ballare la spaventava quasi più di quella di non vedere, anche se il pensiero le sembrava assurdo.
Come se avesse intuito i suoi pensieri, Ginger passò la sua mano sulla sua.
Michele si irrigidì.
– Senti ma una foto di mia sorella non ce l’hai? –
– Guarda su facebook o instagram scusa. –
– Non mi pare li abbia. –
– Ah, sì, usa uno pseudonimo. Cerca Jackie House Stinson. –
– House Stinson? –
– I protagonisti delle sue due serie tv preferite, lascia stare… Mathias, piuttosto, di cosa parla il tuo spettacolo? –
– È la storia di una coppia di ragazzi molto giovani che decidono di sposarsi, nonostante tutti e tutto sembri essere contro di loro. A tre settimane dalle nozze vanno a vivere a casa loro il migliore amico di lui e la sorella di lei, distruggendo la loro intimità. Si creano così diverse occasioni comiche e in più la storia fa riflettere. –
– Sembra interessante. Perché non la dirigi tu? –
– Certo e con che budget? –
– Prova con il crowdfounding. A volte funziona. –
– Ma poi ci vogliono mesi, io non ho i soldi per stare qui tutto questo tempo… –
– E allora lavora. –
– Ho un visto turistico! –
– E lavora in nero. –
Mathias rimase in silenzio per un po’. Poi attaccò.
– Vuoi dormire con noi stanotte? Sembra che nevichi molto forte. –
– Grazie, ma non voglio disturbare. Poi non abito molto lontano. –
– Nessun disturbo, anzi. – Insistette Michele.
– Puoi dormire con me. – Suggerì Emmanuelle.
Accettò, e dopo non molto si ritrovò a dividere un letto grande per una persona ma piccolo per due con l’altra ragazza. Emmanuelle era molto timida ma con Ginger si sentì immediatamente a suo agio. Quella sconosciuta le regalava un inspiegabile senso di sicurezza e felicità. E aveva un profumo che la attraeva più di quanto non osasse ammettere a se stessa.
Le dita delle loro mani s’intrecciarono sotto il piumone.
Sentimental mood che chiudeva la compilation di Coltrane.
Mathias lava le tazze e si immagina a restare lì e a provarci.
Michele è ancora sul divano e sfoglia le foto di sua sorella su instagram, trovandone una di loro insieme e ricordando qualche briciola in più del suo passato.
La neve continua a scendere silenziosa e rassicurante.
L’odore di vaniglia riempie la casa.
Lontano, delle campane che suonano una mezzanotte particolare.
E sotto le coperte, due cuori battono veloci.

Atto IV – Emmanuelle

– Ma non avevi conosciuto uno ieri? –
– Eh. Ho capito ragazzi, a volte la vita è strana. –
– Certo che sei un po’ zoccola. – Attaccò Michele.
– Ma come zoccola, erano due anni che nemmeno baciavo qualcuno! –
– Ma quindi avete…? –
– No! –
– Ah. –
– Ma quindi sei…? –
– Michele, non ho ancora metabolizzato nulla, basta fare domande! –
– Vabbè, e il ragazzo? –
– Il ragazzo nulla, in fondo non gli piace la cucina cinese. –
– Che c’entra? –
– Non era perfetto. –
– Non esiste la perfezione, smettila. E comunque la perfezione non è un clone tuo: un mix nonsense di scrittori francesi o sudamericani o russi, musica indie, film d’autore, cartoni Disney, cucina cinese e felpe di tre taglie in più. –
– Io voglio questo. –
– Vuoi capire che nessuno a parte te può amare Tolstoj, Youssoupha e gli spaghetti di soia? –
– Dici così solo perché volevi scopartela. –
– Sei una stronza. –
– Di’ che non è vero? –
– La trovo attraente, tutto qui. Comunque lasciamo perdere, mi ha organizzato l’appuntamento con mia sorella tra due ore e vorrei farmi una doccia. –
Così Michele uscì.
– E tu? –
– Beh, a me questa teoria della regia non mi dispiace, però temo che il mio inglese non sia all’altezza… Poi lavorare in nero qua è un discreto rischio. Ne voglio parlare con Gary oggi. –
– Buona fortuna. –
– Tu invece? –
– Ginger mi porta al parco. Vuole farmi una sorpresa. –
– A dopo allora. –

Mathias entrò nell’ufficio di Gary in mezzo ad una furibonda litigata tra lui e il fratello, Jack.
– Non sei minimamente in grado di gestire gli affari senza di me, basta che sto via qualche mese ed è subito un disastro! –
– Che colpa ne ho se il mercato è quello che è? Ero qua a schiattare in ufficio venti ore al giorno mentre tu ti facevi le tue vacanze in Europa con quella troia! –
– Ma vaffanculo, va’! –
Così Jack uscì sbattendo la porta.
– Scusami Gary, un brutto momento? –
– È sempre un brutto momento quando mio fratello è in città. Caffè? –
– Volentieri. –
Così Gary raccontò all’amico della sua vita, degli anni passati in Francia a lavorare nel mondo del teatro, del ritorno in America e dei suoi anni a mettere le mani negli show di Broadway, fino alla morte del padre e alla decisione di cambiare vita e di gestire il fondo d’investimenti creato dalla famiglia insieme al fratello, allontanandosi da quel mondo che aveva tanto amato e dal quale aveva ricevuto tanto. Mathias gli raccontò invece dell’idea di Ginger, mettere su una compagnia e farsi da solo il suo spettacolo.
– Beh, il progetto è ambizioso. Però “Love, after all” è un bel testo, meriterebbe. Vieni a cena, parliamone con calma. –
E i due si avviarono insieme per andare uptown Manhattan, Gary voleva andare da Sardi’s in onore dei vecchi tempi.

Jackie abbracciò il fratello con entusiasmo. Michele rimase un po’ freddo, confuso nei sentimenti. Ci mise un po’ a spiegarle la situazione e alla fine la ragazza scoppiò a piangere. Lui si sforzò notevolmente per non farlo a sua volta e le propose di chiudersi in un diner, visto che la giornata era ghiacciata e per terra c’erano almeno quindici centimetri di neve.
Williamsburg era bellissima coperta dal manto bianco. Sembrava più europea che americana, e ai ragazzi ricordava in un qualche modo casa. Accomunati dal fatto di essere fratelli, dalla loro infanzia italiana e adolescenza francese, dalla loro madre inglese e dal padre napoletano, ma divisi da una vita dolorosa che li aveva lasciati orfani appena maggiorenni e dalla decisione di lei di trasferirsi in America e lasciarsi tutto alle spalle o da quella di lui di restare a casa, ancorato ai suoi ricordi, che per crudele ironia della sorte gli erano stati negati.
Così lei gli raccontò della loro vita passata, delle piccole cose, dei piccoli dettagli che lentamente andavano a buttare briciole all’interno di quel mare nero che era la sua memoria.
– Senti, ma perché tutti mi chiamano il mercante dei sogni? –
Jackie gli sorrise e tracannò il suo caffè americano come fosse acqua.
– Perché trovi sempre il modo di realizzarli, i sogni. O di costruirli, o di trasformarli. –
– E ora da cosa dovrei ripartire? –
– Magari proprio da questo. –
Fratello e sorella si guardarono negli occhi. Erano sempre stati soli al mondo, ma in qualche modo non lo erano mai.

Gary stava masticando una bistecca da oltre un chilo con aria gioiosa quando esclamò:
– Una volta ho pranzato qua con Andrew Lloyd Webber. Che ti sia di buon auspicio! – E buttò giù anche un bel bicchiere di vino.
– In effetti è un bel posto… Si respira il mondo di Broadway. –
– Senti, io a stare in ufficio tutta la vita mi sembra di morire. Mi manca il teatro. Senti, lo spettacolo te lo co-produco io. Sarà come tornare indietro nel tempo. Ripartiamo dalle più umili basi di una bella produzione indie.
– Dici sul serio? –
– Io parlo sempre sul serio. Tu però cambia di nuovo quel finale, che anche questo nuovo che hai scritto è buono giusto per le pubblicità dei siti di incontri… –

Emmanuelle camminava indecisa all’interno del parco dove Ginger le aveva dato appuntamento, senza riuscire a trovarla. Poi la vide, una piccola macchia verde in mezzo a una distesa bianca di candida neve.
– Che facciamo qua? Fa un freddo! –
– Fai quello per cui sei nata. Vola. –
Ginger si avvicinò a lei e la baciò. Poi le coprì gli occhi con una benda. Emmanuelle rimase sbigottita. Poi sentì Tchaikowsky liberarsi nell’aria.
– Non aver paura. –
– Ma cosa? –
– Vola. –
– Ma cadrò, mi farò male… –
– Ci sono qua io. –

Poi un soffio d’aria a tratti la raggiunge fra i suoi nastri Sussurandole: dai, dai, dai…
Fidati di te, riuscirai, riuscirai e ce la fai…
Danza come il vento, danza come il vento
Dai un nome al vento con il quale danzerai
Segui il vento a tempo, quattro sensi a tempo
Quanta grazia il vento quando danza tu l’avrai

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