Star Wars VIII: Gli Ultimi Jedi, un colpo di spugna alla tradizione

Star Wars VIII: Gli Ultimi Jedi, un colpo di spugna alla tradizione

Un anno fa Rogue One ci ha ricordato che tutte le guerre, perfino quelle stellari, richiedono sempre un tributo di sangue, anche tra le fila dei vincitori. È una lezione che Rian Johnson ha imparato bene e ce la ricorda in più occasioni nel corso de Gli Ultimi Jedi. Non c’è una vittoria o una sconfitta netta, il confine tra Bene e Male non è così marcato, la differenza tra torto e ragione è più labile di quanto fosse in passato, molti personaggi non sono quello che sembrano e spesso non sono nemmeno certi delle proprie intenzioni.

Luke Skywalker è “l’ultimo Jedi”, termine citato più volte all’interno del film. Ricordo ancora i giorni successivi all’annuncio del titolo originale The Last Jedi, che lasciava i fan col dubbio se fosse da intendere singolare o plurale; quando dopo un paio di settimane fu annunciata la traduzione italiana Gli Ultimi Jedi partirono le ipotesi sul suo significato, ma avendo visto il film possiamo affermare a malincuore che è un adattamento sbagliato. È ormai stampato su milioni di locandine, magliette e tazze quindi è già entrato nell’immaginario collettivo; rassegniamoci perciò a vederlo così in eterno, anche quando la saga sarà riproposta tra decenni in un mega-cofanetto che raccoglie i primi 50 film della saga in versione olografica (è inevitabile, lo sapete, vero?)

L’ordine dei Jedi, ammantato di un’aura di infallibilità dogmatica, in realtà in passato ha causato non pochi problemi, affidandosi a una profezia che ha permesso la trasformazione di Anakin Skywalker in Darth Vader e appoggiando l’ascesa al potere dell’Imperatore Palpatine. La sesta stagione della serie animata The Clone Wars approfondiva in modo eccellente il concetto di fallibilità dei Jedi, al punto da portare lo spettatore a comprendere le motivazioni di Anakin e addirittura concordare sulla necessità di smantellare l’Ordine. Ora anche Luke, il biondo eroe con la spada della Trilogia originale, è stato assalito da dubbi simili e ha deciso di trascorrere i suoi ultimi anni di vita in solitudine.
La giovane apprendista Rey giunge su un pianeta/isola verde per chiedere aiuto a questo anziano e scontroso Maestro Jedi, che però inizialmente non ha intenzione di addestrarla… come dite? Vi ricorda qualcosa? Effettivamente, al netto di qualche suora tartaruga e mucca verticale, questa sezione del film ricorda fin troppo l’addestramento con Yoda su Dagobah.
Un assalto a una base segreta della Ribellione/Resistenza con i Camminatori, in un pianeta dalla superficie bianca? C’è.
Kylo Ren che ripete in maniera pedissequa gesti e frasi del suo modello di vita Darth Vader? C’è.
In questo caso è evidente che il film voglia riecheggiare in particolare L’Impero Colpisce Ancora, ricalcandone alcuni elementi, o disattendendo le aspettative del pubblico proprio quando certi passaggi sembrano andare in una direzione simile. Se però in Episodio VII le similitudini erano un omaggio, un modo per immergersi nuovamente in un universo familiare guidati dalla nostalgia, Episodio VIII invece tira in ballo i capitoli precedenti della saga proprio per prenderne le distanze, con gli stessi modi bruschi di un figlio che si prepara alla vita adulta andandosene dalla casa dei genitori sbattendo la porta.

Il secondo capitolo è sempre il più complesso di una trilogia, per la sua insita natura transitoria. Il problema principale de Gli Ultimi Jedi è che non accetta questo fattore e in qualche modo rifiuta la presenza di un capitolo precedente e di uno successivo. J.J. Abrams ne Il Risveglio della Forza aveva inserito un sacco di indizi e aperto sentieri misteriosi che aspettavano solamente di essere esplorati, facendo la gioia dei fan pronti a dilettarsi con ipotesi e teorie (stiamo pur sempre parlando del creatore di Alias e Lost, dotato di una sadica consapevolezza su come tenere sulle spine per anni un intero fandom). L’impressione è che Johnson non abbia apprezzato quanto costruito in Ep.VII e in qualche modo abbia voluto portare in una direzione differente la trama, anche a costo di calpestare quei promettenti germogli già seminati. Sequenze epiche sminuite in modo plateale, quasi con lo stesso atteggiamento del comico che si fa beffe del pubblico o del bullo pronto a vessare il più debole per farsi grosso, ottenendo così il consenso delle folle. Molti personaggi e archi narrativi vengono risolti in modo brusco, lasciando intendere che difficilmente troveremo risposte in futuro; anzi, ci troviamo a non avere quasi nessun elemento in sospeso, pochi dubbi su cui fantasticare, e il “cosa ci dobbiamo aspettare dal prossimo capitolo?” non scaturisce da indizi da interpretare, bensì dall’impressione che questo film abbia voluto mettere un punto e andare a capo.

Il vecchio che soppianta il nuovo è un tema centrale anche nella trama, ed è difficile non vedere nel ricambio generazionale anche un parallelismo metacinematografico con quanto sta avvenendo alla saga. In questo processo spicca senza dubbio Kylo Ren, il personaggio migliore di questa nuova Trilogia, grazie anche all’interpretazione di Adam Driver che con una recitazione ricca di sfaccettature riesce costantemente a evitare di trasformare il suo personaggio in una macchietta (purtroppo non possiamo dire lo stesso di altri membri del cast). Pilastri narrativi che vengono scardinati, certezze che vengono smentite, volti amati della Trilogia Classica che lasciano il posto ai loro successori. In questo passaggio di consegne ci rammarichiamo ulteriormente per la scomparsa di Carrie Fisher (la dedica sui titoli di coda è un tuffo al cuore): se Ep. VII è stato il film di Han Solo e in Ep. VIII è Luke a fare la parte del gigante, una scena sorprendente suggerisce che Ep. IX avrebbe dovuto essere incentrato soprattutto su Leia, ma purtroppo così non potrà essere, lasciando probabilmente in sospeso un altro sviluppo narrativo.

Non si pensi però che Gli Ultimi Jedi sia però il peggiore Star Wars di sempre: ci sono immagini con una grande potenza visiva, scene d’azione avvincenti e battaglie spaziali in grado di rinnovare quanto avevamo visto negli episodi precedenti, momenti di grande Cinema. Alcuni nuovi personaggi vanno ad arricchire il cast della saga e una meravigliosa location può essere elevata al rango di “nuova Mos Eisley” grazie alla ricchezza visiva delle scene ambientate al suo interno; la sottotrama che si svolge qui è la più appassionante (e propone il colpo di scena più forte del film) ma a pellicola conclusa ci si rende conto che la sua utilità nell’economia narrativa è pressoché nulla. Non abbiamo ancora assimilato questa sbavatura e non sappiamo ancora come considerarla, in fondo siamo sopravvissuti alla dura verità su Indiana Jones e i Predatori dell’Arca Perduta, ma con una sceneggiatura un po’ più curata si sarebbe facilmente potuta evitare.

Tra i pregi del film ci sono sicuramente i messaggi che vuole trasmettere al pubblico: in più occasioni, pur rimanendo un prodotto d’intrattenimento, vengono fatte riflessioni per nulla superficiali sulla guerra che possono tranquillamente portare anche il pubblico più giovane ad aprire gli occhi sul mondo reale. Pochi minuti prima dello scontro finale un personaggio pronuncia una frase stupenda che potrebbe essere considerata la vera morale del film, un messaggio per nulla banale che in qualche modo suggerisce la filosofia con cui vivere, in particolare in una situazione bellica. Inoltre, la chiusura del film con l’inquadratura finale è la migliore della saga, con una forte metafora che fino all’ultimo momento vuole comunicare qualcosa allo spettatore e non limitarsi a “salutarlo”.

In conclusione, pur essendo un estimatore di Rian Johnson (ritengo il suo Looper uno dei migliori film di fantascienza degli ultimi anni, e ha diretto alcuni degli episodi migliori di Breaking Bad) faccio fatica a perdonargli questo gigantesco colpo di spugna su quanto J.J. Abrams aveva costruito ne Il Risveglio della Forza. Episodio IX sarà nuovamente diretto da Abrams, quindi paradossalmente potremmo assistere a una ripicca cinematografica che cerca di ricollegarsi al settimo capitolo, in quella che potrebbe essere considerata la baruffa più costosa dai tempi della II Guerra Mondiale.

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