Djokovic, un uomo solo al comando. Può fare la storia

Djokovic, un uomo solo al comando. Può fare la storia

Con la vittoria su Federer nella finale dei Master di Londra, Djokovic riporta in parità gli scontri diretti (22 vittorie a testa) e suggella nel modo migliore un’annata a dir poco strabiliante.

La sua migliore stagione, il 2015 appena concluso, persino superiore a quella, già di per sé piuttosto ragguardevole, del 2011.
Questi i numeri che descrivono il suo impressionante dominio.

Ha raggiunto la finale in tutti e 4 i tornei dello slam; vincendone tre e perdendone una (con un Wawrinka in stato di grazia, praticamente ingiocabile).
Ha vinto 6 masters 1000, incamerato 11 titoli complessivi, inanellato 15 finali consecutive; non avesse perso da Karlovic a inizio anno, a quest’ora avrebbe conseguito un altro record.
E’ numero uno da 174 settimane; in classifica ha 16.585 punti, distacca il neo numero 2 del mondo Federer di quasi il doppio dei punti. Una distanza abissale.
Solo di montepremi – incluso bonus – ha guadagnato un’esorbitante cifra che ammonta a 21,5 milioni di dollari (mai nessuno ha fatto meglio nella storia del tennis).
Il bilancio complessivo delle partite disputate è di 82 vinte e 6 perse (tre volte con Federer, una rispettivamente con Murray, Wawrinka, Karlovic).
E c’era ancora qualcuno, specialmente dalle parti dei tifosi di Federer, che, dopo la sconfitta nel round robin ad opera di Federer – la peggiore partita giocata quest’anno da un Djokovic fin troppo arrendevole ed insolitamente falloso -, si illudeva che Djokovic sarebbe stato sconfitto nuovamente da Federer nella finale di Londra.

La realtà è banale nella sua semplicità: Djokovic è più forte di Federer, anche del miglior Federer; così come è superiore anche al Nadal dei tempi che furono.

Federer ha colpi esteticamente più belli ed eleganti, una maggiore varietà di gioco, un tennis meno monocorde; ma Djokovic è più solido mentalmente, anche se ogni tanto tende ancora ad innervosirsi e a perdere la concentrazione, fisicamente più resistente ed esplosivo, più combattivo, è leggermente migliore in fase difensiva, ed ha maggiore continuità nei propri colpi, cioè commette meno errori (soprattutto di rovescio).

Federer è riuscito a vincere moltissimo, più che per il suo immenso talento, per aver beneficiato, nella sua lunga carriera, di lunghi periodi senza veri e propri avversari.

Il triennio che va dal 2003 al 2005 è un periodo di transizione. Ferrero, Roddick, Coria, Nalbandian erano giocatori tutto sommato modesti (ed Agassi era a fine carriera). Nei cinque anni successivi l’unico che sia riuscito realmente ad impensierirlo è stato Nadal, la sua bestia nera (sebbene il maiorchino abbia risentito di diversi problemi fisici che ne hanno condizionato, e in qualche modo pregiudicato, la carriere sportiva).

Con questo non si vogliono sminuire i meriti di Federer, ma chiarire che il fuoriclasse svizzero non avrebbe vinto così tanto né, forse, sarebbe stato considerato, per i record che poi ha conseguito, il più grande tennista di tutti i tempi se si fosse trovato a competere in una fase storica diversa, con avversari di ben altro spessore.

Lo stesso discorso, al contrario, vale per Nadal e per Djokovic, che se fossero nati e si fossero imposti qualche anno prima (dal 2003 in avanti, per esempio), avrebbero certamente vinto di più di quanto poi hanno fatto. La storia non si fa con i se, ma per valutare la grandezza di uno sportivo occorre considerare anche il contesto in cui i suoi successi sono maturati.

Lo strapotere di Djokovic appare persino superiore a quello messo in mostra in passato da Federer, nelle sue stagioni più positive (2005-2006), per la facilità con cui annichilisce gli sfidanti, anche quando si trova in giornate difficili e gioca partite scialbe.

Ma a cosa è dovuta la stagione “quasi perfetta” di Djokovic (per usare le sue parole), questo suo stato di forma eccezionale?

Il campione serbo attribuisce la sua esplosione (nel 2010) a una nuova dieta priva di glutine, di cui ha parlato in un libro. Succede che un giorno un medico lo chiamò dopo averlo visto giocare spiegandogli che la sua fiacchezza a livello fisico dipendeva esclusivamente da un regime alimentare sbagliato. Sottoponendosi ai controlli Djokovic scoprì di essere intollerante al glutine, cambiò le proprie abitudini alimentari ed iniziò a conseguire diversi successi importanti.

I maligni penseranno che non sia estranea alla sua ribalta la camera iperbarica, uno strumento atto a migliorare le prestazioni fisiche di fatto legale ma abbastanza controverso, del cui uso, sporadico, Djokovic fece ammissione nel 2011, generando scalpore. Ma questo vale soprattutto per il passato, seppur non troppo distante. La ragione principale che spiega il successo attuale è un’altra, ed attiene ad una componente psicologica.

La paternità è un’esperienza che lo ha cambiato profondamente, instillandogli maggiore serenità, consentendogli di relativizzare le sconfitte, anche le più dolorose, di non concentrarsi solo su se stesso. Il figlio Stefan, avuto dalla compagna Yelena, ha ormai un anno e segue il papà in giro per il mondo.

Tuttavia il numero uno del mondo, personaggio istrionico, che fuori dal campo è un ragazzo umile e simpatico, sempre generoso e disponibile con tutti, seguita a non riscontrare, da parte del pubblico tennistico lo stesso apprezzamento e considerazione che riscuotono Nadal e, in misura ancora maggiore, Federer. Come se, lui che è subentrato più tardi a spezzare il loro duopolio, faticasse a fare breccia nel cuore degli appassionati.
Di questo, Djokovic sembra soffrire abbastanza, lo si evince anche da qualche dichiarazione piccata fatta in merito in passato. Quando disputa partite contro loro due si ritrova spesso il pubblico schierato dalla loro parte; ciò è stato una costante negli ultimi tempi quando ha dovuto affrontare l’elvetico. A Wimbledon quest’anno almeno tre quarti del pubblico parteggiava per Federer, la vittoria di Djokovic è stata accolta da un applauso freddo e colmo di delusione. Però era pur sempre un pubblico educato, rispettoso come è tipico degli inglesi. Stesso discorso per il torneo di Londra appena terminato.

All’edizione 2015 degli Us open si è assistito, invece, a scene di grave scorrettezza e villania.
In quell’occasione Djokovic dovette fronteggiare un ostacolo in più rispetto al suo avversario: l’ostilità manifesta dei tifosi, una bolgia di 20.000 persone scalmanate. A mia memoria, escludendo i tornei di Davis e Fed Cup, bisogna risalire al celebre match tra Justine Henin e Serena Williams durante la semifinale degli Open di Francia del 2003 per trovare un comportamento peggiore da parte degli spettatori: allora un pubblico beceramente razzista riuscì a costringere alla sconfitta e a un pianto irrefrenabile la Tyson del tennis.
A prima vista l’atteggiamento avverso del pubblico sembrerebbe inspiegabile, anche perché in quanto a carisma Djokovic non ha nulla da invidiare ai due, anzi.

Una spiegazione possibile potrebbe essere che ambedue sono più noti di Djokovic perché competono ad alto livello da molto più tempo: Nadal si è imposto all’attenzione del grande pubblico 5 anni prima; Federer è adorato da schiere di fans da almeno 12 anni. Djokovic come detto si è fatto conoscere più di recente (2010/2011). Un’altra possibile risposta è che i tifosi di Federer, che sono la maggioranza di quelli di questo sport, anelano fortemente la conquista di un altro slam da parte del loro beniamino, un successo che ne attesti la superiorità tennistica, l’immortalità del suo talento.

A questo punto, dopo aver elencato i successi di Djokovic e le sue ragioni, è d’uopo una domanda: dove può arrivare questo Djokovic? Chi può contrastare la sua soverchiante superiorità?

Nadal appare molto distante dal suo miglior stato di forma, logorato nel fisico e nello spirito da un tennis muscolare troppo dispendioso per le sue ginocchia periclitanti. Si avvia verso un mesto declino o saprà ritrovare il sacro fuoco del campione (magari al Roland Garros)? Più probabile la prima.

Federer è alle soglie dei 35 anni. Gioca ancora in modo sublime, ma escludo, a meno di un clamoroso colpo di fortuna, che possa vincerà un altro slam (e comunque, se sarà, quello in cui ha più possibilità di farcela rimane Wimbledon).

Murray tecnicamente è vicino al livello dei migliori, i suoi progressi sono stati significativi grazie ai miglioramenti impressi al suo gioco da Amelié Mauresmo, ma ha risentito dell’operazione alla schiena e mentalmente soffre ancora, nei loro confronti, di un evidente complesso di inferiorità.

Wawrinka è un giocatore estremamente scostante: capita che giochi un tennis strepitoso, ma questo accade solamente in qualche rara partita o torneo; quasi sempre gioca male e butta al vento partite senza nemmeno lottare.

Infine, le nuove leve tennistiche stentano ancora ad affermarsi.

Dunque, se questo è il quadro, non si vede chi possa seriamente insidiare il dominio debordante del campione serbo.
L’ipotesi che negli anni a venire possa quindi ripetere i fasti di questo 2015 non è affatto peregrina. Un coach che lo conosce bene, essendo stato il suo allenatore per diversi anni qui in Italia, Riccardo Piatti, preconizza che il suo ex allievo possa restare a questi livelli ancora 2 o 3 anni.

Djokovic ha 28 anni, finora ha vinto 10 slam. I 14 di Nadal e Sampras sono lì a portata di mano; i 17 di Federer non sono affatto irraggiungibili (McEnroe opina invece che non ce la farà a raggiungerlo).

Solo gli anni a venire ci diranno se riuscirà a riscrivere la storia di questo sport.

Il tennis vive di rivalità, competizione; c’è da augurarsi, quindi, che qualcuno riesca quantomeno a rendergli più arduo il compito, rendendo il tutto più avvincente.

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