Diario di una stagista fuori sede #4

Diario di una stagista fuori sede #4

<<…dopo che hai mandato la mail, chiamami Bruno!>> e così dicendo Carol uscì dal mio ufficio per tornare nel suo. Feci solo un cenno con il capo per poi fissare nuovamente il computer. Ci impiegai qualche istante prima di rendermi conto che non avevo la minima idea di chi fosse Bruno. “Dopo glielo chiedo… ora finisco di scrivere questa mail al comitato, prima che mi dimentichi quello che devo scrivere!” ma poi il telefono squillò, distraendomi nuovamente: <<Buongiorno cara. Ti ho appena mandato il materiale comprensivo di foto e sinossi per lo spettacolo. L’hai ricevuto? >>.

Sospirai mentalmente. Ecco una delle tante telefonate inutili.

<<Buongiorno Claudio. Si mi è appena arrivato, ma non ho ancora avuto il tempo di controllare il tutto…ti aggiorno più tardi, va bene?!>>. E così dicendo sorrisi, anche se sapevo perfettamente che non poteva vedermi.

<<Certo certo. Attendo un tuo feedback allora!>> e riagganciò.

Feci giusto in tempo a posare la cornetta che immediatamente Carol ricomparve sulla porta: <<Dopo che hai mandato la mail al comitato ho bisogno che ne scrivi un’altra anche a Vincenzo e a Marina… spiegagli che domani fanno il sopralluogo e li voglio entrambi sul posto! Ah! Chiama anche Giacomo e assicurati che ci siano tutti i documenti…>> e sparì di nuovo, avvolta nel fumo della sua stessa sigaretta.

Con uno scatto la raggiunsi, perché i dubbi cominciavano ad essere troppi:

<<Va bene… ora chiamo subito Giacomo, anche se con Maria Sole avevamo già fatto un primo controllo dei documenti e non mancava nulla. E ho bisogno di più dettagli sul sopralluogo, se no cosa scrivo a Vincenzo e Marina?! E poi… chi è questo Bruno che dovrei chiamare?!>> mi affannai a chiederle, correndole dietro mentre passava in rassegna le diverse scrivanie dei collaboratori. E quasi la investii, quando inchiodò improvvisamente e mi guardò con aria perplessa. Sembrava avessi fatto la domanda più stupida del mondo. Una delle tante.

<<Ah non ne ho idea! Non ricordo il cognome… cercalo in rubrica!>> e ritornò a trottare senza darmi il tempo di poter ribattere all’ovvietà che, in una rubrica, o meglio nella sua rubrica, non esisteva un solo Bruno.

Non mi restava che sperare che fossero solo due o tre. “Infondo Bruno non è un nome molto comune.”

Tornai alla mia postazione e finii di scrivere la prima mail il più velocemente possibile, per paura che una nuova distrazione potesse eliminare ogni ricordo di quello che avrei dovuto scriverci. Poi mi dedicai al resto, sempre con la stessa velocità perché Carol sarebbe potuta tornare con nuovi compiti da svolgere. Tutti insieme.

<<Dovrai avere pazienza: Carol non è una persona cattiva. È solo… particolare… dovrai essere la sua memoria!>> mi disse Maria Sole il primo giorno e io pensai fosse solo un modo di dire. Ma più passavano i giorni e più mi resi conto che il Diavolo che veste Prada esiste davvero. E non è tanto un diavolo per la cattiveria, quanto più per la follia.

E ogni giorno andava così. O meglio, ogni giorno in cui Maria Sole aveva una visita di controllo o un monitoraggio della bimba e io restavo sola in ufficio, iniziava una carrellata di mail, telefonate, raccomandate, consegne a domicilio. Era tutto un correre a destra e a sinistra; chiamare Tizio, rispondere a Caio. Il tempo sembrava non bastare mai. E tutto mi sarei aspettata dal mio periodo da stagista, ma non un allenamento da maratona!

Ma ciò nonostante mi piaceva. Mi piaceva poter vedere tutti i retroscena di un festival: vedere come si organizza una rassegna e come si scelgono gli spettacoli; contattare tutte le compagnie e i loro organizzatori; capire quante persone lavorano per fare in modo che tutto vada al meglio: tecnici, cassiere, fornitori, ristoratori, architetti, grafici… ma anche gli sponsor, gli addetti dell’ufficio stampa, i giornalisti… e io dovevo parlare e relazionarmi con tutti.

Anche perché Carol non sempre si dimostrava affidabile: conosceva molte persone. Così tante che non sempre si ricordava i nomi, o i volti. O non sempre associava il nome al volto e viceversa. Diciamo che in quasi quarant’anni di carriera aveva davvero conosciuto il mondo: aveva stretto mille mani, baciato mille guance, sorriso a mille visi, guardato mille occhi e parlato mille lingue. Chiunque avrebbe perso qualche nome per strada.

Chiunque, ma non una brava assistente. E questo mi faceva sentire importante, come se Carol avesse bisogno di me, l’ultima arrivata, per poter svolgere il suo lavoro. Pensare di poter esserle così utile rendeva tutta la situazione più stimolante, tanto che perfino la ricerca di Bruno non sembrava una missione impossibile. “Bruno dei fuochi d’artificio… dubito sia lui… Bruno il sassofonista, potrebbe… Bruno degli allestimenti… potrebbe essere anche lui” trascrissi i due numeri di telefono su un post-it, facendo attenzione di riportare nome, cognome e occupazione per entrambi, poi mi diressi a passo svelto nell’ufficio di Carol e le porsi orgogliosa il risultato della mia ricerca.

<<Cosa sono?>> mi chiese lei perplessa.

E di sicuro non era la sola ad esserlo.

<<Mi avevi chiesto di chiamare Bruno, non appena avessi finito con le mail… siccome sono indecisa su chi chiamare ho pensato di portarti entrambi i numeri…>>

Mi sorrise e con aria ingenua mi disse semplicemente <<Non mi serve più… mi ha appena chiamato lui!>>

Sorrisi di rimando, anche se ero più che certa che il mio assomigliasse più a un ghigno che a un vero sorriso.

“Respira… conta fino a 10…” e tornai verso la mia scrivania, sentendomi meno utile di quanto avessi immaginato poco prima.

 

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