Un profilo di Banksy a Milano

Un profilo di Banksy a Milano

  • Fronte o “Quadro generale”:

Per chi non avesse frequentato la città negli ultimi quattro mesi “A VISUAL PROTEST. The art of Banksy” è il titolo dato alla prima monografica dedicata al writer nella città della Madonnina, naturalmente non autorizzata. Ma chi è Banksy? Robert Del Naja dei Massive Attack? Robin Gunningham? Diciamocelo poco importa, forse conta di più sapere chi non è Banksy, o meglio, chi non vorrebbe proprio essere: lo street artist che fa arricchire le gallerie.

  • Occhi o “Visione”:

Attivo per la prima volta a Bristol (1997 ca.), presumibilmente di nazionalità inglese, Banksy si contraddistingue per l’indomita “militanza” sociale dei suoi lavori. I suoi geniali disegni colpiscono per l’elevato tasso di empatia nella modalità di comunicazione. Il messaggio delle sue opere tocca così nel profondo il visitatore di “A VISUAL PROTEST. The art of Banksy” che diventa quasi superflua l’audioguida (dal sapore tristemente “urban style”) L’intera produzione di Banksy è una sfida all’establishment, l’artista si specializza nella difesa dei diritti di chi non ha voce contro potere, guerra, conformismo ed inveisce sulla mercificazione dell’arte contemporanea. E come si suole dire: qui casca l’asino delle numerose polemiche.

  • Naso o “Forma”:

Ma come prende forma questo “attivismo sociale”? Le immagini trascendono le barriere linguistiche tramite la modalità della giustapposizione ironica di figure derivanti da diversi contesti semantici. La tecnica per cui l’artista è conosciuto è indubbiamente lo stencil. Banksy non dipinge direttamente sui muri ma disegna a mano su fogli di acetato o cartoncino. Questi, una volta ritagliati, vengono portati sul luogo prescelto per la produzione dell’opera e sono il mezzo grazie al quale il writer riesce a sviluppare i suoi favolosi graffiti nel minor tempo possibile. D’altronde l’arresto di Banksy, a questo punto della sua carriera, sarebbe quel colpo di scena che nessuno si augura.

  • Bocca o “Azione”:

A chi appartiene la Street Art quando l’artista stesso cela la sua identità? La Pest Control Office Limited, società che difende i diritti del marchio registrato Banksy, ha denunciato il gruppo che ha organizzato la mostra al Mudec di Milano per violazione del copyright e vendita non autorizzata del merchandising. Banksy si era già espresso in senso critico nei confronti delle numerose mostre non autorizzate a lui dedicate in questi anni ma questa svolta legale è parsa davvero inaspettata. La causa si è risolta con il giudice del Tribunale di Milano che si è espresso in favore della Pest Control Office Limited per quanto concerne l’utilizzo del nome dell’artista sui gadget. Nessuna violazione circa le riproduzioni di opere per pubblicizzare la mostra.

  • Mento o “Conclusioni”:

La Street Art è uno dei movimenti artistici più estesi al mondo: un fenomeno in continua evoluzione, i cui confini sono spesso difficili da circoscrivere. Se La città non è intesa come un luogo di interazione tra il pubblico e il messaggio dell’artista, è possibile vedere Street Art al di fuori del contesto urbano? Certamente. Già dagli anni 70, infatti, galleristi arguti hanno compreso l’importanza che il graffitismo stava acquisendo nel panorama dell’arte contemporanea, cercando di accaparrarsi artisti del calibro di Jean Michel Basquiat.

Dunque Mudec o non Mudec?

Personalmente non mi sconvolge l’idea di una mostra non autorizzata su un artista che realizzata opere non autorizzate. L’intento del curatore non è malvagio, ed è interessante che un museo pubblico italiano si concentri sullo studio, valorizzazione e diffusione del lavoro di questo artista. Di certo coloro che hanno visitato la mostra hanno avuto la possibilità di confrontarsi e riflettere sui temi trattati dall’artista (non grazie alle audioguide o ai cartelloni con scritte a prova di ingranditori).

“Non sono presenti in mostra suoi lavori sottratti illegittimamente da spazi pubblici” scrivono sul sito del museo e aggiungerei ci mancherebbe! Che brutta, brutta abitudine rubare l’arte, mi sono già espressa in precedenza sul vecchio Bblog dunque non tornerò sull’argomento. Concludo con il dire che volendo stare a quello che il Mudec ha dichiarato le intenzioni della mostra non sembrano malvagie, forse però si è voluti andare un po’ troppo oltre con il merchandising sapendo benissimo quello che l’artista pensa e professa circa l’arte e la sua mercificazione.

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