La comunicazione di stereotipi: il caso Lines

La comunicazione di stereotipi: il caso Lines

 

Guardando con attenzione le varie pubblicità che ci vengono propinate dai media è evidente come queste siano permeate di stereotipi, latenti e non, legati spesso alla differenza di genere o riferiti ad una società felice a tutti i costi in qualsiasi momento della giornata che in realtà non esiste.

Ma cos’è uno stereotipo? Uno stereotipo, dal greco stereos=rigido e typos=impronta, è un insieme rigido di credenze che una società condivide in modo acritico e lo stereotipo spesso diventa la base da cui si parte per creare pregiudizi, ovvero giudizi negativi e molte volte infondati. Purtroppo, nella nostra società, come afferma Mazzara: “I pregiudizi e gli stereotipi legati al genere, che tendono a penalizzare e discriminare le donne rispetto agli uomini, sono tuttora molto attivi” e sono presenti in molte delle sceneggiature che la televisione o la pubblicità ci regala ogni giorno. Qualcuno potrebbe pensare che basterebbe spegnere la tv, o non far troppo caso alle pubblicità che compaiono su You Tube mentre stiamo ascoltando una canzone per difendersi da tutto ciò, ma in realtà non è poi così facile scansare certe idee latenti quando anche alcuni oggetti che abbiamo in casa ci parlano e ci dicono cose che non vorremmo sentirci dire.

Basti pensare alla comunicazione offline che fa la Lines, famosa marca di assorbenti che da diversi anni ormai, sull’involucro di questi, ha deciso di scrivere una lista di luoghi comuni sul ciclo mestruale e sul comportamento delle donne durante quella settimana che è davvero qualcosa di imbarazzante e a tratti è un’offesa all’intelligenza di chi legge. Si tratta di frasi che dipingono la donna come essere particolarmente vulnerabile, e vulnerabile in questo caso è un eufemismo se si leggono le parole forti che vengono utilizzate, un esempio su tutti: “I giorni prima del ciclo sono il momento più creativo per una donna. Depresse sì, ma piene di idee!” Depresse. Si è questo il termine che Lines utilizza a cuor leggere sui suoi assorbenti. Oppure affermazioni che hanno del medievale se si pensa a: “Secondo alcuni miti durante il ciclo una donna non riesce a montare la panna. E che problema c’è?! Divano e asporto, grazie!” Come se avere il ciclo impedisse alle donne di poter fare le cose più banali. O ancora esempi ancora più gravi che dipingono la donna come un’esaltata che pretende di avere ragione a tutti i costi: “Siamo di pessimo umore e irritabilissime. Ma quanto è bello sentirsi dare ragione per 5 giorni al mese?”.
Insomma una comunicazione sbagliata, esagerata ai limiti della decenza che si basa su stereotipi e che spesso punta su quella che è una felicità obbligatoria che: “lascia solo un senso di vuoto interiore e smarrimento” (Gnasso, Iabichino, 2014).

Una comunicazione che invece di abbattere gli stereotipi li fomenta fino a farli diventare qualcosa di normale per la società.
Molte donne non si sentiranno sicuramente rappresentate da queste affermazioni e potrebbero anche non riporre più la loro fiducia nel brand che tende a sminuirle, a considerarle isteriche e intrattabili enfatizzando oltre i limiti del possibile quello che succede nel corpo di una donna una volta al mese. Come se non bastasse però, gli spot che passano in tv disegnano la donna come un’eroina capace di fare qualsiasi cosa durante quel periodo grazie all’oggetto magico quale dovrebbe essere l’assorbente che si piega, si modella addosso, è quasi impercettibile e tiene tutto asciutto e pulito consentendo alle donne di fare traversate atlantiche senza il minimo fastidio.

Allora forse qualcosa non torna. Le cose cozzano evidentemente e noi donne non ci sentiamo rappresentate né dall’esagerazione in negativo né in positivo perché nessuna delle due è veritiera.

Come ciliegina sulla torta è degli ultimi tempi la notizia che vede gli assorbenti come beni tassati con iva al 22% quindi in Italia questi non sono considerati beni di prima necessità, come se una donna potesse farne a meno.
E allora paghiamo, oltre il dovuto, per qualcosa che ci è indispensabile e che ride anche di noi.

Bill Clinton in un discorso rivolto ai pubblicitari aveva detto: “Usate la creatività per migliorare il mondo, perché i comunicatori avranno una profonda influenza su quelli che saranno i prossimi venti o trent’anni. Vorrei lasciare a mia figlia un mondo di prosperità e responsabilità condivisa e non riesco a immaginare persone che più di voi possano aiutare in questo processo: pensate a come contribuire e se poi, nel farlo, riuscite anche a intrattenere e divertire la gente, andrà bene comunque”. Divertire, non sminuire.

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