Arriva la prima stagione di “Teatro in Salotto”

Arriva la prima stagione di “Teatro in Salotto”


E noi di Afterclap siamo andati a scoprirla, in questa prima serata che apre le porte a una stagione teatrale che seguiremo, data dopo data, e che vi racconteremo in articoli di narrazione pura delle serate, senza velleità di recensire gli spettacoli ma semplicemente di raccontarvi le serate per quello che sono.

La stagione si chiama “Teatro in Salotto” perché proprio di questo si tratta: l’organizzazione si chiama “La Corporazione” – di cui fanno parte Giulio Bellotto e Alice Guarente, i padroni della casa dove il teatro in salotto va in scena, in un perfetto matrimonio tra vita domestica e vita artistica – proprio loro sono infatti i protagonisti della prima rappresentazione che apre quindi la stagione: Bianco d’Inchiostro.

Lo presentano come un “ritorno alle origini”: la versione definitiva del loro primo spettacolo, da qualcuno dei presenti, me compreso, già visto in versione studio, e da altri solo conosciuto attraverso i loro racconti negli ultimi due anni.

Il lavoro viene presentato come un “Requiem poetico a cent’anni dalla Rivoluzione d’Ottobre”; ed è in primo luogo un omaggio ad Anna Achmatova, poetessa russa invisa al regime, e a tutti coloro che hanno combattuto, combattono e combatteranno per la libertà di pensiero. E soprattutto per la libertà di lettura.

Lo sapevate che nella Russia degli anni ’60 esistevano dei manoscritti sovversivi, che circolavano tra le folle e potevano farti condannare a morte? Che chi li riceveva era pronto a rischiare la propria vita pur di farne delle copie e passarle ad altri lettori? Che la poesia della Achmatova è giunta fino a noi proprio grazie a questi piccoli, grandi, anonimi eroi armati di carta copiativa?

Beh, noi siamo rimasti talmente affascinati da questa storia che abbiamo deciso di raccontarla. Di bocca in bocca, di mano in mano, come si faceva allora e come sempre si farà.

La domanda alla base della narrazione è: come avrebbe potuto reagire una qualunque coppia dell’epoca ricevendo il manoscritto?Le reazioni sono diverse: mentre è il pragmatismo a guidare le scelte del personaggio maschile, quello femminile si lascia più guidare dagli ideali che dal pensiero.

Quello a cui si assiste è dunque lo svelarsi progressivo dell’opera, che giunge al suo punto culminante proprio nello svelamento del contenuto del manoscritto, attraverso un potente monologo tratto dal lavoro della Achmatova accompagnato dall’Overture 1812 di Tchaikovsky. Opera che, peraltro, al tempo della Russia sovietica, doveva esser modificata per le rappresentazioni: l’inno russo veniva sostituito dal coro Gloria dall’opera di Mikhail Glinka Una vita per lo Zar.

Allo spettacolo è seguito un buffet durante il quale oltre a quattro chiacchiere in amicizia il pubblico ha anche avuto l’occasione di confrontarsi sul lavoro di Giulio e Alice.

 

La prima parte della serata è stata invece dedicata alla presentazione della stagione.
Meno male che c’è la luna – 11 febbraio
Pan Domu Teatro; di e con Jacopo Bottani e Luca Oldani
un progetto nato all’interno dell’Accademia Nico Pepe di Udine
Due personaggi si trovano in un luogo imprecisato e non si ricordano il perché della loro presenza lì, anche se arrivano a intuire che in quel posto ci sono già stati.
Inizia dunque un’indagine per rievocare brandelli di memoria e identità, per comprendere il senso del proprio “essere lì”. Gradualmente emergono dettagli, talvolta concreti e diretti talvolta sfumati.
L’essenzialità spaziale, formale e testuale del lavoro costituisce il centro della nostra ricerca. Lo spazio è vuoto per renderne meglio la sua oggettività e pulizia. Questo vuoto sta anche a significare la difficoltà di scendere a patti con i nostri vuoti. Nello stesso tempo vuole essere anche una piccola finestra aperta sulla voglia di affrontare questo senso di fine e sulla possibilità di sentire che in fondo: è bello essere qui (Rilke, Elegie duinesi).

 

Zelda 13 marzo

Piccola compagnia della Magnolia 

da Torino; di Giorgia Cerruti e Davide Giglio, con Giorgia Cerruti

Un monologo che affida alla figura geniale, folle e incendiaria di Zelda Sayre Fitzgerald la metafora di un’inesausta ricerca del sublime. Lo spettacolo ripercorre l’ultima ora di vita dell’artista, sola e convalescente per congestione d’idee nel letto di un oscuro ospedale psichiatrico della provincia americana. 

Al pari della Winnie beckettiana, Zelda sopravvive in un atollo di detriti di vita, tenacemente spolverati per inseguire l’ombra di un’ipotetica felicità: entrambe metafora di un mondo che le ha partorite e che ora le inghiotte. 

Un lavoro intimo, poetico e vivo, avvolto da un nauseabondo odore di rose rosa. 

 

 

–  Cola degli Abissi 24 aprile

Phoebe Zeitgeist da Milano; il lavoro ha debuttato questo gennaio, in prima nazionale, al Teatro Elfo Puccini di Milano e vede in scena Francesca Frigoli per la regia di Giuseppe Isgrò. Per le musiche e i suoni, si avvale della collaborazione di Alessandra Novaga e Stefano De Ponti.

Lo spettacolo si presenta come una lanterna magica, una ballata eterea e subacquea, dall’impatto fortemente immersivo, della durata di 45 minuti.

Dalla leggenda di Colapesce, diffusa nell’Italia meridionale e tramandata in molte varianti in tutta Europa a partire dal XII secolo, si compone l’opera teatrale Cola degli Abissi.

Lo spettacolo, pensato in forma di ballata eterea e subacquea, narra la difficile scelta di un giovane dalla natura straordinaria di abitare gli abissi marini. La profondità si rivela per Cola l’unica e possibile dimensione esistenziale.

Il lavoro indaga, attraverso fascinazioni visive e sonore, le zone abissali dell’essere: Cola raggiunge territori liberati e vitali; una dimensione pericolosa e lontana, perturbante ma intensa e poetica. Elementi centrali del lavoro sono la crescita, vissuta come metamorfosi del corpo e del pensiero, come catarsi fisica e intellettuale, il rapporto con l’autorità e con l’ordine prestabilito, la ricerca della propria autenticità.

La figura della madre-narratrice, sirena-sibilla, creatura che sin dal principio conosce il destino del figlio Cola, è l’anello di congiunzione: se da una parte determina il conflitto e la trasgressione, dall’altra veglia affinché Cola possa realmente perdersi e scoprire l’incanto. Il testo è una commistione letteraria che parte dalla ricerca antropologica delle leggende raccolte in Sicilia da Giuseppe Pitrè, passando per il poema di Schiller “Der Taucher”, per approdare alla poesia “Cola L’anarchico” di Dario Bellezza.

Il lavoro attoriale prende le mosse dalla ricerca di sintesi tra azione, spazio e architettura sonora, componendosi come un diorama, un carillon, una lanterna magica.

 

NAEEMA RUBER giugno (data da definire)

di Ilaria Drago, prodotto e interpretato da Paolo Grimaldi da Roma

Lo spettacolo, in questa veste – che si svolge sotto forma di lettura (o interpretazione) intervallata da proiezioni video – nasce dalla versione teatrale dell’omonimo spettacolo andato in scena al Teatro Brancaccino di Roma, ed è stato presentato nella sua attuale forma di performance l’8 dicembre 2019 al Museo d’Arte Contemporanea di Roma (MACRO) durante la rassegna MACRO- ASILO.

La performance inizia con il video  “Naeema – effetto senza causa” che ripercorre in immagini e sonorità la storia d’amore dei protagonisti e poi procede per quadri e fa incontrare il linguaggio del corpo di Naeema – interpretato in video dalla danza potente di Alessandra Cristiani – e quello della parola narrata a frammenti da Paolo Grimaldi, un soldato cliché del militare che ostenta pistole e disprezzo eppure anche così impaurito, incerto, fragile quando proprio quel cliché viene meno e crolla tutto il “romanzo” della sua vita.

I video di Mario Toccafondi, che si alternano al racconto dal vivo di Paolo Grimaldi, raccontano i quadri scenici in un ritmo che alterna poesia e drammaticità. La scena è poetica, la scrittura Ilaria Drago intreccia lo svolgersi dell’azione a momenti di sospensione, come dovessimo trattenere il fiato per guardare l’interiorità dei personaggi.

La musica scelta è quella di Meira Asher, un’artista israeliana nata in un territorio di belligeranza quotidiana che racconta di torture e violenza, ma anche: “…si dice che il Novecento è stato il secolo delle guerre, dell’odio razziale e dello sterminio. Ma anche la compassione fa parte della natura umana non può essere annientata con tanta facilità; è qualcosa a cui non si può rinunciare, anche quando l’equilibrio s’incrina fino a spaccarsi in modo brusco”. 

Una vera e propria installazione: un filo spinato circonda l’attore (con o senza leggio), bossoli raccolti ai suoi piedi a far arrivare ai presenti quella matericità fredda e acida  della guerra  a noi così sconosciuta.

 

 

 

 

Hamlet Private 26 giugno

di Scarlattine Teatro, produzione Campsirago Residenza, con Anna Fascendini e Giulietta Debernardi, script e direzione di Martina Marti

Le domande di Amleto sono anche le nostre domande. Il suo esitare è il nostro esitare. Da qui, dalla sua incapacità di agire, nasce Hamlet private.

Hamlet private è una perfomance unica nel suo genere. Offre a un solo spettatore per volta un’esperienza privata ed esclusiva che parla all’Amleto che risiede in ognuno di noi. Hamlet private è una rilettura della storia di Amleto attraverso il sistema divinatorio di ventidue carte originali e il coinvolgimento diretto dello spettatore, che diventa così artefice della riscrittura del dramma shakespeariano e, nello stesso tempo, ha la possibilità di esplorare e indagare la propria vita e i propri dubbi.

Un Amleto confidenziale, vicino dunque, che abbandona il contesto teatrale tradizionale e accoglie un singolo spettatore nell’intimità di un caffè, di una villa, del foyer di un teatro, di una libreria. Seduti a un tavolo, attore e spettatore creano una performance intima e personale, seguendo il destino delle carte che vengono man mano svelate. La storia del principe di Danimarca si intreccia così con quella dello spettatore. Solo alla fine verrà rivelata la trama, che nascerà dalle carte da lui stesso scelte e interpretate dalla performer. Il pubblico si trova così a riscoprire Amleto, uomo contemporaneo e abisso di interrogativi e, insieme, in questo gioco, incontra sé stesso.

«Mi sono seduto accalorato e fremente… pochi istanti e tutto si è calmato. La visione delle carte che parlavano a me, alla mia anima… incredibilmente sincere, visionarie quanto reali. Hanno raccontato una storia, la mia storia. C’ero io in quelle carte e la tragedia di Amleto si è consumata, pensando a cosa ero io, a cosa sono, a cosa sarò…» R.R. uno spettatore, dai quaderni dello spettacolo.

 

Trucioli, (maggio, data da definire)

dramma surrealista per marionette robotiche – Coppelia Theatre 

dalla Toscana; di e con Jlenia Biffi e Mariasole Brusa

Trucioli, micro-teatro da camera per

marionette robotiche è liberamente ispirato ai quadri della pittrice surrealista Remedios Varo. 

Un’esperienza visuale espressamente pensata per spazi extra-teatrali e in cui si fondono arte e scienza, tradizione e innovazione, tecnologia e poesia, linguaggio teatrale e ingegneria robotica applicata alle marionette. 

 

Questi ultimi due spettacoli, Trucioli e Hamlet private, sono pensati per un numero limitato di spettatori e verranno ripetuti fino ad un massimo di 5 volte nel corso della serata.

Verrà istituito anche un “premio allo spettatore domestico” consistente nella possibilità di assistere ad una delle 5 repliche di Hamlet. Il vincitore del premio sarà estratto a sorte tra gli spettatori che avranno partecipato a tutti gli appuntamenti di Teatro in Salotto.

 

Tutte le rappresentazioni avverranno nel Salotto di Giulio e Alice, a Milano in zona Precotto/Greco, in questa serie di eventi che noi di Afterclap vi racconteremo passo a passo, accompagnandovi in questa bellissima iniziativa teatrale che ha pochi eguali nel suo genere. È l’occasione per rivivere un fare teatroautentico, genuino, con un’atmosfera indie reale e non ricostruita.

 

 

Per info e contatti:

www.lacorporazione.com

lacorporazioneteatro@yahoo.com

 

 

 

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