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“2017” – Louis CK in giacca e cravatta

Il 4 Aprile è uscito su Netflix “2017“, il nuovo spettacolo di Louis CK, ed è stato accolto con il consueto entusiasmo dai fan. Louis non è ancora famosissimo in Italia, ma esiste una nicchia piuttosto grande (e in crescita) di appassionati di Stand-up comedy che lo seguirebbero ovunque. Oggi è considerato il numero uno di questo genere, se non (con formula che a nostro avviso lascia il tempo che trova) “il più grande comico del mondo“. Proprio in vista dell’uscita su Netflix, anche il Post ha fatto una lunga presentazione dello show-man americano (e che il lettore-tipo del Post sia fan di Louis CK, è probabilmente coerente).

Al di là di un certo autocompiacimento per gusti più ricercati rispetto alla comicità “nazionalpopolare” italiana, CK è indubbiamente bravo. La Stand-up è in realtà piuttosto ripetitiva in quanto a temi (aborto, sesso, morte, bassezze della vita, stupidità di chi ti sta vicino…) ma la sua bellezza sta proprio nel riuscire a reinventarsi. Non essendo una semplice sequenza di battute, l’elemento centrale è la persona del comico, che porta in scena se stesso, la sua visione delle cose. Come è stato giustamente sintetizzato da Simone Stefanini, la stand up comedy all’americana esige il sacrificio del comico, che è obbligato a mettere alla berlina i suoi più intimi difetti e debolezze, in modo da poter parlare al pubblico da pari: perché tramite l’esposizione dei suoi più reconditi vizi ci redime dai nostri.

Così fa perfettamente Louis CK, che rappresenta un “americano medio“, grasso, di mezza età che si porta male, divorziato con due figlie, vizioso, senza validi riferimenti, non proprio depresso ma senza concezioni esaltanti della vita. Come dice lui stesso nello spettacolo, la vita gli piace quel tanto che basta da non suicidarsi: da scegliere di andare avanti come fanno tutte le persone che sono ancora in vita (e quindi quelle che lo stanno guardando). Per il resto non esistono miti di alcun tipo e si vive in un dichiarato relativismo, ben diverso del cosiddetto “politicamente scorretto” che va di moda da noi e che è solo un ribaltamento di valori, non la loro negazione. Si dà addosso all’immigrato per aiutare l’italiano, si attacca il progressista per sostenere il reazionario, si ridicolizza l’eccentrico per sostenere la tradizione.

Louis CK è tutt’altra cosa, e i primi secondi di “2017” lo esprimono perfettamente. L’aborto potrebbe essere un infanticidio, oppure la semplice espulsione di un prodotto organico: forse è entrambe le cose, forse è un po’ come uccidere un bambino, ma dovrebbe comunque essere concesso. Un altro esempio significativo arriva più avanti, circa a metà dell’ora abbondante di spettacolo, quando precisa che non c’è compito più nobile nella società che fare l’insegnante in una scuola pubblica. Come prevedibile, scattano gli applausi, e lui blocca subito il pubblico: “No, non applaudite, non vi piacerà”. Ovviamente è solo il presupposto per rimarcare quanto gli insegnanti siano looser. L’esatto opposto della comicità tipica italiana, che ha come massimo obiettivo quello di blandire il pubblico, portarlo dalla propria parte, assolverlo puntando invece il dito contro altri, generalmente i politici, ma comunque ricchi, privilegiati, potenti.

E abituati come siamo alla nostra comicità, lo spettacolo di un americano, che si intitola “2017” di cosa avreste scommesso che parlasse? Invece non c’è neanche una battuta su Trump, sulla Clinton, nemmeno un lontano riferimento alla politica, se non un passaggio del tutto surreale sull’Isis, all’inizio. Oggetto comico di Louis CK è invece proprio il concetto di 2017, il modo che abbiamo adottato per contare gli anni esportandolo nel mondo; cose cui non facciamo più caso, oggetto tipico della sua comicità. Se infatti il 2017 (d.C.) si collega alla religione, questa non è parodiata come istituzione o come complesso di credenze, ma per come può essere vissuta (o non vissuta) da un americano medio disinteressato. E così sarà anche per l’omosessualità, i cani da adottare, il corteggiamento, le relazioni ai tempi delle sue figlie rispetto a quelle dei suoi tempi, le coppie anziane…

La stand-up si regge proprio su un insieme di originalità e ritualità, ed è quindi inevitabile pensare a due mostri sacri che hanno ispirato Louis CK. Ricordo che anche George Carlin cominciò un suo spettacolo parlando di aborto attaccando proprio così: “Avete mai notato che gli anti-abortisti sono persone che non vi scopereste mai?”. Eppure Louis ripete stili che sembrano più tipici di un altro gigante del genere come Bill Hicks: ritmo più lento e frammentato, maggiore interazione col pubblico, vocine e versi buffi, l’utilizzo del microfono per ricreare suoni e come gimmick comico, testi più autobiografici, il mimare condotte sessuali…

Avere oggi Louis CK è qualcosa di simile a quello che sarebbe avere Hicks e Carlin ancora vivi: un immenso regalo. Per tutto il resto, c’è Netflix.

 

 

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